giovedì 24 ottobre 2013

Dopo Saviano, mi ha fregata anche la Mazzantini

Non so se l'ho già scritto da qualche parte, ma mi piace leggere. Non sono una di quelle che ha grandi intuizioni sulle trame, per niente, e in un paio di casi sono rimasta fregata dal finale, in cui è accaduto ciò che meno avrei voluto leggere.

Sarà stato il 2009 o il 2010. Il film "Gomorra" era stato escluso dalla cinquina finale per gli Oscar, però impazzava nelle sale italiane e dappertutto si parlava del caso che aveva sollevato. Decisi di leggere l'omonimo libro - che preferisco prima di vedere il film da esso derivato -  soprattutto perché incuriosita dal personaggio di Ciro Petrone, si, da quello scugnizzo magro allampanato che si diverte come un pupino a sparare in una campagna desolatissima, con quelle mutande fintamente griffate da coatto. E mentre mi leggevo l'ambito volume, che iniziava parlando di cadaveri di cinesi congelati nel porto di Napoli, di vestiti artigianali, di laboratori, di droga e omicidi a profusione, di kalashnikov, in cuor mio mi sentivo sollevata perché ancora il libro non faceva parola dei rifiuti in Campania. E invece no. Arrivata all'ultimo capitolo, che non potevo non leggere, ecco tutto uno srotolarsi di sotterfugi e retroscena nella gestione dei rifiuti sia normali che tossici, con tanto di mazzette a bambini inconsapevoli affinché portassero la merce nel deposito dalle esalazioni cancerogene. Ecco, fregata. Avrei pagato per non leggere dei rifiuti, invece eccoli lì spiegati ai miei occhi, in tutta la loro tragica verità, in tutta la loro incredibile realtà.

Passano gli anni. Settembre 2013, ho appena finito la "Storia della filosofia greca - i presocratici" di Luciano De Crescenzo e, come ipnotizzata, prendo "Venuto al mondo" di Margaret Mazzantini. Ovviamente, non ho visto l'omonimo film, ma finalmente posso leggere la seconda opera famosa della scrittrice, moglie di Sergio Castellitto, che mia cugina si era divorata in quattro giorni. E inizio: una grande storia d'amore, lo sfondo della Sarajevo degli anni '80, il dramma della sterilità della protagonista, il ritorno a Sarajevo, la decisione di affittare un utero e il contemporaneo inizio del drammatico assedio che per quasi quattro anni avrebbe distrutto la città e oltre undici migliaia di vite. La descrizione dell'assedio è straordinaria, considerato che avviene mentre i personaggi ne sono dentro, avvinghiati ad un destino non loro ma in qualche modo collegato alle loro vite. E mentre leggevo, completamente rapita dai personaggi e dalle loro vicende, mi dicevo: "Mah, strano che non si parli nemmeno di uno stupro, con tutte le donne che ci sono in questo libro e considerato che ce ne furono moltissimi in nome dell'odio etnico...strano...". Ecco, detto e fatto.

ATTENZIONE: SPOILER!

Nei capitoli finali, c'è il colpo di scena che ribalta completamente l'ottica della protagonista Gemma (e dei lettori più ghiozzi) sugli accadimenti posteriori alla notte del concepimento di Pietro, che Diego aveva negato esserci stato, anche se di fatto la "cicogna" Aska rimase incinta. E' la stessa Aska, sedici anni dopo, a spiegare tutto a Gemma. Quella notte, in cui iniziarono gli eccidi, dopo una breve parentesi di giochi e tenerezze con Diego, mentre questi era a prendere delle frittelle, la giovane punk venne sequestrata e ripetutamente stuprata da un gruppo di cetnici e al mattino portata in un campo di prigionia assieme ad altre ragazze e donne. Le violenze continuarono da parte di uomini in divisa, in maniera a dir poco brutale. Il bambino ahinoi era di uno di loro, di "uno dei diavoli". E Diego, che aveva assistito, non visto, allo stupro iniziale di Aska senza fare niente, subirà uno shock fortissimo, che spoglierà la sua vita di ogni senso se non quello di rimediare in ogni modo possibile al dolore che ha provocato a quella ragazza bosniaca. Ecco quindi spiegati la sua apatia, il suo pensiero continuamente rivolto a lei, il suo ritorno-fuga a Sarajevo, le premure verso la ragazza, la richiesta sorda di soldi e viveri dall'Italia per lei, il disinteresse verso il bambino, il mancato ritorno a Roma.

Aska, la musicista punk bella e figa, artista e intelligente, incazzata e indipendente, era passata da intellettuale furba a sfascia famiglie, con un giovane uomo che le andava dietro come un cagnolino perché più giovane, affascinante e stimolante della moglie matura, stressata e incupita da una mancata maternità. E invece no. La Mazzantini me l'ha fatta stare in antipatia per mezzo libro e poi  - paf! - me l'ha fatta compiangere appioppando la pena peggiore, per lei come personaggio e per me come lettrice. E Diego, il fotografo dalla vita priva di preoccupazioni materiali, beato lui, lo fa ricadere nella sua dipendenza dalle droghe fino a farcelo morire. Non avrei voluto leggere quello che ho letto. Aska è un personaggio di un libro, eppure esiste veramente, con tutti i suoi traumi, dolori, incubi e lotte interiori. Il significato più vero dell'essere vittima di uno stupro, totalmente all'antitesi con certi obbrobbri di cronaca di cui si sente parlare ultimamente.

2 commenti:

  1. ho visto il film, non ho letto il libro.

    Mia opinione: la Mazzantini è sicuramente brava. Se devo trovare un difetto alla storia, è l'eccessivo uso del perno "amore=infinito", con questo Diego mitizzato ai fini dello struggimento emotivo del pubblico, ma sicuramente problema infimo rispetto alla densità della storia in sé.

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  2. C'è chi ha scritto in un sito che la Mazzantini costruisce storie a tavolino...bah, direi che non è il caso di questa qua.
    Sono d'accordo sulla mitizzazione di Diego, anche se poi viene un po' ridimensionato nel finale.
    Difetti? Riecheggia molto "Non ti muovere" per flashback, doppia narrazione, amori strazianti e straziati. Stemperarli un po' no?

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